L'autore
EUGENIO PICANO (picano@ifc.cnr.it) è medico, cardiologo
e ricercatore presso l'Istituto di Fisiologia Clinica
del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa.
L’università dei baroni
L'autore intervistato da Giovanni Morandi sul Quotidiano Nazionale del 16 febbraio 2003
Concorsi truffa all'università, ovvero «una situazione di generalizzata illegalità». Ecco come si svolgono le selezioni farsa, nel racconto di chi le ha subite. Parla Eugenio Picano, uno dei cardiologi italiani più famosi nel mondo, primo ricercatore dell'istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa nonché direttore del laboratorio di ecocardiografia di tale istituto. Autore fra l'altro di un graffiante pamphlet «La dura vita del beato porco» sui vizietti nella vita accademica.
Come funziona il sistema per truccare il concorso?
«Uno è quello del consiglio a non presentarsi».
Come accade?
«Di solito dopo aver fatto i complimenti sulla persona, sulla famiglia, sulla produzione scientifica, sull'aspetto, sulla cravatta si consiglia per motivi di opportunità, visto che il candidato sarebbe troppo forte, di non presentarsi o di ritirare la domanda».
Chi è l'emissario?
«È un consiglio da don Vito Corleone, quindi non si può rifiutare, a meno che uno non voglia ritrovarsi la testa di cavallo nel letto».
Ma chi dà il consiglio?
«Dipende».
Faccia un esempio.
«Può essere dato da chi fa parte della commissione di concorso o da amici di amici».
Qual è l'obiettivo, che si presenti un solo candidato?
«Questo sarebbe l'obiettivo ideale, perché evita lo spargimento di sangue, ovvero creare risentimenti e situazioni di natura mediatica o giuridica. Maggiore è lo squilibrio tra il candidato vincente e quello predestinato a perdere, più aumentano i rischi».
La forma ideale di concorso truccato qual è? Che ci siano due candidati o uno solo?
«Che ci siano tanti candidati quanti sono i posti».
Ma di quali concorsi si sta parlando?
«Il principio dello scoraggiamento del candidato scomodo è un sistema universale».
A lei è mai capitato di essere stato stato scoraggiato?
«Certo».
La colpa qual è, non avere un protettore adeguato o aver strafatto nella ricerca?
«Come diceva quel cardinale, per diventare papa bisogna essere un sant'uomo. Poi occorre aver dato prova di capacità organizzative. E infine c'è bisogno di un diavolo che ti porti. Questo diavolo può essere la persona con cui hai sempre lavorato o il potente di turno».
Lei si considera uno stoppato o in linea con una carriera ordinaria?
«In linea. La mia fortuna è quella di poter lavorare in un ambiente più attento ai contenuti che alle forme».
Ciò nonostante anche lei ha subìto pressioni.
«Io ho potuto conoscere e frequentare ambienti concorsuali di tutti i tipi, universitari, Cnr, ospedalieri».
Se vengono ignorati i consigli alla don Vito passano ad altri metodi?
«Io non ho esperienza di altri metodi però ho esperienza che i consigli disattesi non portano a risultati concorsuali positivi».
Chi si ribella, chi non ascolta a che cosa va incontro?
«Diciamo che può scattare il potere di interdizione».
Ovvero?
«Quello che diceva il premio Nobel Giacconi sul muro di Michelangelo, cioè la possibilità per un giovane di avere un muro e dei colori, il muro e i colori per chi fa il nostro lavoro sono l'accesso alle tecnologie, ai pazienti, ai finanziamenti. Questo può essere un problema se non si è inseriti proficuamente in un contesto di squadra».
Ma a lei è mai capitato di rifiutare il consiglio alla don Vito?
«È impossibile rifiutare, a meno che uno non decida contestualmente di andare via».
Ma a lei è capitato di avere quei consigli?
«Certo».
Li ha ascoltati o li ha disattesi?
«Li ho ascoltati».
Come uscirne?
«Penso sia necessaria più trasparenza, perché questi meccanismi si sviluppano molto bene nell'oscurità ovvero in assenza di meccanismi di verifica, di revisione di quello che viene fatto e della qualità delle persone che vengono selezionate. Esistono oggi meccanismi di misura dell'attività scientifica e intellettuale e questi dovrebbero consentire un controllo della selezione operata».
Queste pressioni sono fatti penalmente perseguibili o siamo in quella terra
di nessuno, ai confini tra il legale e l'illegale?
«Non lo so. So che il livello di efficienza della giustizia in Italia scoraggia molto e poi il nostro è un lavoro particolare in cui a volte la possibilità di continuare a fare è più importante del riconoscimento di quello che si fa».
È un sistema, in cui alla fine tutti trovano un proprio tornaconto? Una sorta di nonnismo, che uno subisce, sapendo che arriverà il momento in cui sarà lui ad imporlo agli altri? O è un sistema che protegge solo una casta, a cui o si appartiene o vi si è esclusi?
«Nell'università italiana c'è di sicuro come ha detto il ministro Sirchia una componente di gerontocrazia e nepotismo. C'è una situazione di generalizzata illegalità dove tutti violano la legge e d'altra parte in mancanza di una specifica vocazione al martirio cercano di adattarsi. Un sistema che sicuramente non favorisce la selezione, la protezione e l'addestramento del talento».
Ma chi sono i primi? Chi sono i predestinati a sorpassare sempre gli altri?
«Quelli che hanno il privilegio del legame cromosomico, figli, parenti, o di altro genere: dal servilismo in su».
Mi hanno raccontato di un caso in cui ad un ricercatore, che aveva svolto
un lavoro, è stato imposto di togliere il proprio nome dalla pubblicazione di tale ricerca per sostituirlo con il nome del figlio del professore. Caso limite o regola?
«È la regola, soprattutto in ambienti scientifici degradati, che sono poi i più diffusi. La lista dei nomi di un lavoro è spesso una vendita delle indulgenze, dove parenti, amici, superiori di ogni ordine grado, amanti e accoliti trovano ospitalità. Esiste come in Tangentopoli una "dazione ambientale" per cui più in basso sei nella gerarchia più autori onorari dovrai mettere».
Sono anche queste deformazioni del sistema di selezione tra le cause della
fuga dei cervelli all'estero?
«Il problema non sono i cervelli che fuggono alla ricerca di migliori opportunità ma le altre parti meno nobili del corpo accademico che rimangono e che hanno purtroppo una forte capacità riproduttiva all'interno del sistema».
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